πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός

Così insegna il buon Eraclito. Non si può discendere due volte nello stesso fiume. Parafrasando l’esperienza dell’antico greco che sosteneva l’impossibilità, per un essere umano di far due volte la medesima esperienza, vorrei traslarla su quell’ambrosia celestiale di Merlot in purezza che prende il nome di Masseto. Sette ettari di terra toscana accarezzata dal sole e baciata dalla brezza, una selezione infinita, che riguarda prima i grappoli poi perfino gli acini, un mosto che entra in cantina per non uscirci prima di tre anni. I profumi sono talmente complessi che ti ci perdi, ti inebriano fino a farti girare la testa in un’estasi di piacere, talmente tanto, il Piacere, da far quasi passare la voglia di assaggiarlo, un po’ per reverenza ( o Signore non son degno di partecipare alla tua mensa…) un po’ per paura di rimaner deluso… Poi ti ricordi Winespectator e ti decidi, lo devi assaggiare. Ed ecco il panta rei, dal primo istante in cui assapori i suoi profumi ed i suoi gusti complessi, fino alla fine della bottiglia, è un continuo trasformarsi e migliorarsi ad ogni respiro, ad ogni sorso, non si beve mai lo stesso vino. Nonostante fosse già stato stappato il giorno prima il Masseto è un atleta del gusto e ha bisogno di ossigeno, tanto ossigeno, per migliorare le sue prestazioni. Potrei parlare anche dell’Ornellaia bevuta, erroneamente credo, prima del Masseto, pure vino stupendo complesso e affascinate ma dilungarsi troppo su di lui sarebbe come parlare, al primo appuntamento con una nuova ragazza, tutta la sera della propria ex!

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