Attenti ai referendum!

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La storia si ripropone a distanza di poco, pochissimo tempo. Un uomo che esce vincitore dalle elezioni europee, che guarda al panorama politico del bel paese con occhi da squalo, che decide di puntare tutto su se stesso, scommette anche le brache sulla sua forza indiscussa, ci mette la faccia, come fosse il fantino a correre la corsa, non il cavallo che è stato scelto ( e che forse non era proprio un purosangue inglese ).

I referendum su se stessi non portano evidentemente bene alle persone di nome Matteo.

È la non moderazione ad aver perso ieri in Emilia Romagna. Perché questo Matteo non ce la fa ad essere moderato, non gli riesce, non ce l’ha, probabilmente, nel DNA oppure non l’hanno, questa moderazione, le persone a lui vicine, che lo consigliano, che gestiscono i sui social, che indirizzano i suoi discorsi, le sue azioni.

Eppure viviamo in un paese moderato, o meglio, un paese che ha disperato bisogno di moderazione, che la cerca, la agogna quasi; un paese di sparute eccellenze e moltitudini di mediocri che, spesso senza saperlo, puntano ad uscire dalla mediocrità per approdare in quella medietà aristotelica capace di rendere l’uomo più giusto, più consapevole del suo ruolo, più propenso ad assecondare e realizzare i propri demoni, per farli stare “bene”, per raggiungere quella che Erodoto chiamava, per la prima volta, eudaionia ovvero la felicità data da una vita florida.

Matteo invece va dietro le richieste del popolo dell’esodo, quel popolo che chiedeva “pentole di carne” a Mosé e rimpiangeva quasi la schiavitù egiziana alla cattività desertica della fuga verso la libertà.

Quella che potrebbe sembrare un pagliacciata al citofono ha certamente risvegliato parecchi animi di sinistra che da tempo, placidamente, nelle domeniche elettorali affondavano il deretano in poltrona ed evitavano, come una peste, la passeggiata verso l’urna. Sì perché quell’atto figuratamente estemporaneo ha portato con sé una riflessione profonda, una distinzione radicale nel pensiero umano, una domanda antica: il cittadino ha l’obbligo di osservare le leggi o di garantire che giustizia sia fatta? È evidente che  il popolo non possa mai sostituirsi al giudice che, per altro, si esprime proprio in nome del popolo!

I processi sulla pubblica piazza non piacciono a nessuno, forse perché tutti abbiamo qualcosa da nascondere ma, più probabilmente, perché non si può mai sapere che cosa la pubblica piazza abbia a decretare, un giorno, come fuorilegge.

Il primo stop è arrivato quindi alle Forche Caudine emiliano-romagnole, non sarà straordinario ma è pur sempre un segnale che il sentimento sta cambiando, quel medesimo sentimento che ha portato in piazza migliaia di persone, un popolo intero, schierato alacremente contro il populismo, sotto la bandiera di quel pesce azzurro che per evitare le scorribande dei predatori fa gruppo e cambia direzione all’unisono per sconcertare chi lo attacca.

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Aiace e il governo giallo-verde

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Sofocle, siamo circa nel 445 a.C., fa dire una frase molto interessante ed attuale al suo tragico anti-eroe Aiace: con l’aiuto degli dèi anche chi è meno di nulla può ottenere il trionfo; io anche senza di loro confido di conquistare la gloria. Aiace è un uomo solo, vive nella sua mente, distaccato dalla realtà del mondo che lo circonda, fa il suo dovere ed è convinto di farlo bene, meglio di tutti. E se ne frega. È sicuro di essere nel giusto e persegue quella giustezza con ogni mezzo; Aiace sospetta e vive di nemici, se li crea e alla fine li attacca ma, con la mente obnubilata dalla sua ossessione, cieco e furioso ( e ingannato da Atena ) manca i suoi bersagli trucidando a colpi di spada gli armenti dell’esercito greco.

L’isolarsi dal mondo, il non sentir ragioni, il fregarsene per marciare sempre avanti sono quindi sentimenti e atteggiamenti antichi quanto l’uomo e se l’uomo è ossessionato e, per giunta, convito di essere l’epifania della nuova politica, la parusia del salvatore della patria allora può venirsi a creare qualche problema.

Negli ultimi giorni si sono viste e sentite azioni e dichiarazioni di ogni genere, da parte di entrambi i vice presidenti del Consiglio dei Ministri: dall’esultanza retrò di Di Maio profusa dal balcone di palazzo Chigi per l’abolizione della povertà, fino a ieri sera con Salvini in camicia nera militare, con tanto di stellette sul colletto, che accarezza sul capo dei giovani dicendo loro di stare lavorando per creare qualche posto di lavoro, per il futuro.

È il futuro che spaventa il popolo ma per preparare il futuro ci vuole tempo, non si può correre forsennatamente, come si sta facendo nell’ultimo mese, correre per arrivare primi in una competizione dove se si vince non si hanno premi ma se si perde ci si gioca tutto. Eppure, dice bene Luigi Zoia: la paranoia è convinta che tanti siano nemici. Soprattutto ha un nemico che non è una persona: il tempo. A me pare, sempre più, che gli atteggiamenti dei rappresentanti di questo governo si slancino acutamente verso la paranoia. Ieri la Banca d’Italia, l’ISTAT, la Corte dei Conti e perfino la presidenza dell’Ufficio parlamentare di bilancio hanno espresso forti preoccupazioni e critiche nei confronti della nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza ( NADEF ) 2018 ma questo non ha fatto né fermare né riflettere gli audaci condottieri del nostro paese. 

Nemici, nemici ovunque, in casa e all’estero, tutti votati a far aumentare la povertà e a ridicolizzare chi si batte per debellarla, per far ripartire il paese. Bisogna però fare molta attenzione a voler colpire i nemici perché, accecati dalla fretta si può sbagliare e togliere il cibo dalla bocca di molti, come Aiace appunto ci insegna.

La maggioranza del popolo, si parla di sondaggi al 60% tra Lega e M5S, li sostiene senza forse comprendere realmente quale sia la situazione; il popolo non comprende perché la democrazia non è semplice, tutt’altro, è complessa e articolata, lenta tanto da sembrare quasi desueta se rapportata alla contemporaneità fatta di social, virtualità e facilità nel fare ormai di tutto: dal trovare un ristorante di nostro gusto al trovare l’amore della vita, salvo poi trovarsi con più d’una sola per le mani! 

Non credo, come molti ed illustri personaggi del parterre pubblico, che la democrazia debba dirigersi verso una maggiore inclusione della popolazione, debba essere cioè più diretta, sono fortemente convinto invece che servirebbe una classe dirigente più retta e competente. In fondo però ci ritroviamo con una classe dirigente che rispecchia il paese; un paese che non investe, anzi, toglie denaro all’istruzione, un paese che ha continuativamente abbassato gli standard culturali della propria popolazione, un po’ per tornaconto politico e un po’ pure per agevolare chi non ce la fa. L’idea del portare avanti tutti e tutti insieme è un’idea nobile della sinistra che ha però portato allo sfacelo odierno. Il dire che siamo il paese con meno laureati in Europa ci ha portato ad abbassare perfino il livello di istruzione universitaria, complici tutta una serie di riforme che hanno saputo disgregare la solidità degli atenei italiani, i più antichi del mondo.

È necessario riprendere in mano la situazione perché l’Italia è molto più forte, intelligente e capace di come ce la dipingano, bisogna riuscire a portare al centro della società civile quelle persone intelligenti e capaci che credono la politica sia ormai irrecuperabile, che le aule parlamentari siano bivacco di concussi e terra fertile per concussori.

Mi ha colpito una frase letta recentemente, di Hannah Harent, in relazione alla fine della terza repubblica francese: la Francia precipitò in rovina perché non aveva più veri dreyfusards, più nessuno convinto che si potessero difendere la democrazia e la libertà, l’eguaglianza e la giustizia nella forma di questa repubblica. 

È il tutto che si ripresenta, in una ciclicità spaventosamente nietzschiana e stoica mentre noi, seduti sul bordo del fiume aspettiamo un cadavere, sperando di non riconoscerci in esso.