La capitale della Catalunya é una città piena. Un fiume di giovani ( studenti o disoccupati oggigiorno é difficile da dirsi ) solca impetuoso la Rambla ( termine mutuato dall’arabo raml ovvero la sabbia lasciata da un fiume in secca che con la pioggia può tormare a scorrere ) da Plaça Catalunya al porto, il port vell, e viveversa. La Bocheria è per me il luogo simbolo della città, riassume in sé tutti i significati di una grande metropoli in cui il mélange di colori, sapori, odori, luci, ombre e specie tra le più diverse, convivono all’interno di uno spazio confinato, nel quale poter assaporare il piacere, sempre nuovo, di perdersi. Mancavo da nove anni ma, ai miei occhi, sostanzialmente Barcelona non é cambiata di molto, le sue grandi avingudas affollate di mezzi, la sua utilissima metro sempre carica di umanità, le piazze, le fontane, il Barrio Gotico, Gaudì… Ho ritrovato tutto dove l’avevo lasciato. Eccitante l’ingresso nella parte ultimata della Sagrada Familia, un’infinità di colonne, una diversa dall’altra, che si elevano da terra per decine di metri, diramando verso la fine i loro steli come immense sequoie secolari di una foresta pietrificata, valgono già di per sé il biglietto d’ingresso che può apparire un poco caro. Così non è anche se si pensa al fatto che, per via del suo carattere espiatorio, il tempio in costruzione da più di cento anni non può ricevere sovvenzioni pubbliche; la Fabbrica deve sostentarsi e progredire con i soli oboli dei pellegrini.
Per un ateo amante della vita e della diversità ( come me e molti altri ) Barcelona dovrebbe essere meta obbligatoria di pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, in essa si dovrebbe compiere una sorta di hajj, sicuramente illuminate ed istruttivo.
Olympus Mju + Fuji Superia 200