Lo confesso, per qualche istante, questa mattina, sfogliando i titoli dei quotidiani on-line, sono stato percorso da un brivido di soddisfazione. Ma mi è durato poco ( e il pleonasmo è voluto ). A Milano e a Napoli vince la sinistra, come in altri numerosi collegi, compreso Arcore, la Sirte italiana, e vince con gente “ nuova “.
E qui mi è sorta la domanda: ma ha vinto la sinistra, come vorrebbero farci credere i festeggiamenti e le dichiarazioni di Bersani ed altri, oppure il fattore fondamentale delle vittorie è proprio l’ uomo “ nuovo “, talvolta, come nel caso di De Magistris, venuto da altrove?
La deriva della politica è in atto ormai da talmente tanti anni che quasi non ci si fa più caso, il distacco venutosi a formare tra cittadini e classe dirigente ha assunto dimensioni praticamente incolmabili, tanto da aver ormai quasi radicato nella società l’idea, mai buona, che esistano cittadini di classe A e B. Ma l’Italia non è un paese di rivoluzionari, ci abbiamo provato nel ’38 prima, nel ’48 poi ( ottocento ovviamente ) ma i Masaniello dello stivale sono pochi e fanno fatica ad uscire, noi Italiani esprimiamo il nostro dissenso in modi meno rumorosi di altri popoli, non tagliamo letteralmente le teste ma sappiamo farle cadere.
I risultati elettorali recenti non sono una vittoria bensì un punto di partenza, per cercare di minare dall’interno quel malcostume politico, che dagli anni ottanta ad oggi, è andato ingigantendosi a dismisura. Un punto di partenza. Anche perché non dimentichiamoci che, se si andasse alle urne oggi, per le politiche, sarebbero comunque sempre le segreterie dei partiti a decidere i nomi degli eletti; il cosiddetto porcellum è una delle cause della disattenzione e della disillusione con cui l’italiano guarda alla vita politica. I ballottaggi di domenica e lunedì dimostrano che , quando si può votare il nome, il volto, l’uomo è il “ nuovo “, quello che appare più svincolato dalle logiche partitiche ad avere la meglio.
Certo è che tutti i candidati usciti vincitori dalle urne dovranno darsi molto da fare, soprattutto in comuni come Napoli e Milano, per mantenere le redini della situazione e non lasciare che il cavallo imbizzarrisca. Non ci resta che sperare in una totale ed incondizionata profusione di impegno nell’amministrazione della cosa pubblica augurando ai nuovi sindaci e presidenti, berlusconianamente, buon lavoro.