Chi conosce l’opera di Klee lo sa, la realtà nei suoi quadri è rarefatta, filtrata come da un colino a maglie strettissime che lascia colare solo alcune visioni, sgocciolare solo segno e colore. La realtà nei quadri di Klee è rarefatta e lo stesso si può dire dei quadri dell’artista bernese esposti all’infausta ninna nanna regionale del museo archeologico. Il nome sul cartellone pubblicitario però risulta chiarissimo: Paul Klee, peccato che manchi una fondamentale precisazione ovvero l’opera su carta. Forse può essere che noi italiani siamo un poco fissati con le differenze tra carta e tela, olio e guache, cartapesta e marmo ma, e il mercato mi è testimone, se l’opera è su carta non voglio dire che valga di meno ( anche se è proprio così ) ma sicuramente è meno stimata. Ora se su un cartello di cinque metri per tre scrivi PAUL KLEE e poi in mostra trovi schizzi, bozze, bozzetti neanche di primissima scelta beh, lo spettatore pagante, che ama l’artista e magari ha fatto dei chilometri sperando di potersi immergere in capolavori assoluti del cromatismo più evoluto come la scena di lotta dall’opera comico-fantastica ” Il marinaio ” o Armonia di rettangoli in rosso, giallo, blu, bianco e nero o ancora Ad Parnassum ecc. ecc. come dicevo, lo spettatore pagante potrebbe anche infastidirsi. Io personalmente, passatemi l’eufemismo, m’incazzerei come una bestia. E pensare che di opere su carta il musicista pittore ne ha prodotte molte, alcune di eccezionale qualità ( penso a Davanti alle porte di Kairuan, Case rosse e gialle a Tunisi, Giardino di rose ecc. )… e che dire della serie di stupende, impareggiabili, oniriche acqueforti su zinco dei primi anni del ‘900, quando l’artista ancora ondivagava tra musica e pittura indeciso, completamente assenti in mostra? Meglio non dire nulla. Comunque, mi si dirà che non ho saputo intendere la ricerca effettuata dai curatori per portare a galla un lato poco conosciuto dell’artista ma fatto sta, ed è, che gira che ti rigira ad Aosta non si riesce mai a portare a galla qualcosa che porti gente e che, soprattutto, la gente, la lasci soddisfatta.