Le poche righe che seguono avrei dovute leggerle davanti ad un pubblico sicuramente indulgente ma, non me la sono sentita. Forse qui, in una lettura silenziosa, troveranno il modo migliore per esprimersi.
Anni fa, nella grande biblioteca di mio nonno Eugenio, lessi una novella di Pirandello intitolata Di sera un geranio. Mi risultò difficile comprendere, all’epoca, la natura della perdita di significato delle Cose che ci sono appartenute in vita, dopo la morte. Oggi, ripensando alle fotografie sull’altarino del comò, nell’ariosa stanza da letto di mia nonna, alle vestaglie ed ai vestiti che affollano i suoi armadi; ai pacchi di lenzuola immacolate e di asciugamani riposti ordinatamente, uno sull’altro; alle suppellettili in rame che decorano la sua cucina; alle bottiglie di Vov fatto in casa custodite nella dispensa del salotto: tutto mi appare più chiaro, cristallino arriverei a dire.
Perché ciò che produce la morte, oltre a creare uno strappo netto dalle vite di chi ci ha amati e conosciuti, è la radicale negazione del senso delle cose, dell’istante e del perché si siano volute possedere quelle piuttosto che altre, delle fatiche che si sono dovute sostenere per arrivare a possederle e della gioia che quel possesso possa aver prodotto.
L’uomo non è soltanto ciò che ha, questo è fuor di dubbio, ma ciò che ha mentre è in vita produce la storia della vita stessa.
Non saremo mai pronti a dire addio ad una persona cara, che questa sia giovane o vecchia non fa differenza alcuna: ci fossero concesse vite di migliaia di anni, il dolore dell’abbandono sarebbe lo stesso, identico; non è una questione di tempo in più o in meno bensì del cessare del tempo. Il tempo che decidiamo di donare agli altri, finché ne abbiamo la possibilità, viene speso in relazione ai nostri impegni, ai nostri affari, alle nostre commissioni ed il rimorso, di fronte all’impossibilità di poter ancora spendere del tempo per una persona cara, ci coglie sempre. Come l’acqua che sfonda il muro di ghiaccio allagando la valle, si accampano nella nostra mente i se e gli invece: se avessi fatta una visita in più invece di andare a bere l’aperitivo, se avessi fatta una telefonata in più invece di guardare la partita… L’elaborazione del lutto non si riassume solo nel comprendere ed accettare che una persona non ci sia più, la parte fondamentale è riuscire a mettersi in pace con i proprio se, con i propri invece e cercare di capire se il nostro tempo, anche poco o sporadico, abbia creato beneficio alle persone a cui abbiamo deciso di dedicarlo. Il sorriso di nonna Ines che mi vede entrare dalla porta della cucina è la migliore ricompensa ed il migliore insegnamento che lei abbia saputo regalarmi. Per questo la ringrazio. Ciao nonna, ci mancherai tanto.
Ciao Francesco,
la tua nonna me la ricordo bene e la ricordo come una persogna gioiosa e gentile e la ricordo
proprio come è nella foto che sto guardando.
Non dimenticherò mai una giornata meravigliosa trascorsa a Rhemes quando ero molto giovane,
tanti anni fa insieme anche a tuo nonno.
Un abbraccio
Laura
E’ sacrosanto quello che dici: non siamo mai pronti a dire addio ad una persona cara, sia che abbia uno o 100 anni. Quando arriva quel momento la bocca può dire “è una sofferenze inutile”, ma il cuore vorrebbe avere dei tentacoli per poterla trattenere ancora ed è in quel momento che ci assale il rimpianto per le parole non dette ed il rammarico per il maggior tempo non dedicatole. Il fatto è che si pensa che le persone che amiamo non debbano mai lasciarci e che ci sarà sempre tempo per stare con loro. Ma, putroppo, non è così!
Mi è dispiaciuto non aver potuto salutare un’ultima volta la tua nonna. Per come l’ho conosciuta, la definirei il prototipo di NONNA e sono certa che da lassù continuerà ad esserlo per tutti i suoi nipoti.
Ti abbraccio.
Zia Rosa