Un anno dopo

Oggi, primo di ottobre, è una data speciale: un anno fa la Catalunya proclamava la sua indipendenza dallo stato spagnolo ed entrava in un vortice discendente di nefandezze, aggressioni, arresti, esili e libertà negate. A distanza di un anno il popolo catalano non ha mutato la propria idea di autodeterminazione, non ha mai reagito violentemente alle provocazioni, ha saputo contenere la propria rabbia con la dignità degna di un popolo di avanzato civismo ed europeismo. La situazione in quelle terre superbe e rigogliose non è cambiata molto, ho potuto vedere e toccare con mano il lavoro instancabile degli attivisti, un lavoro inarrestabile, alimentato da un credo che poggia le proprie fondamenta su un’idea di libertà incrollabile ma, ahimè, molto distante dall’ordinamento politico mondiale che ci circonda. Lo stato-nazione non è la sola via per costruire un’Europa più solida e duratura. I popoli sono il sangue che scorre nelle vene di questo mondo umano, i popoli, non i confini o gli indici di borsa. Popoli come quello catalano mettono in evidenza il fatto che le idee possono concretizzarsi nella vita reale, possono farsi vita, partecipazione, condivisione. Il cammino intrapreso dai catalani è impervio e pieno di insidie ma sono convinto che si concluderà per il meglio. Visca la republica catalana!

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La situazione potrebbe precipitare

Dopo l’arresto del Presidente catalano esule in Belgio, Carles Puigdemont, i toni della diatriba Madrid – Barcellona si stanno inesorabilmente scaldando. Se, com’è immaginabile vista l’azione congiunta dei servizi segreti spagnoli e della Polizei tedesca che hanno portato alla cattura del Presidente, ci sarà l’estradizione tanto desiderata da Madrid la situazione potrebbe precipitare. Con nove persone in carcere, alcune da più di quattro mesi, sei esuli volontari, non contando il Presidente Puigdemont ora in stato di fermo, l’azione del governo di Madrid si fa sempre più repressiva e aggressiva nei confronti della classe politica indipendentista. L’Europa dimostra una volta di più i suoi limiti anche in materia di relazioni legali: com’è infatti possibile che un uomo su cui pende un mandato di cattura europeo, sostanzialmente per reati di opinione, possa tranquillamente vivere in Belgio, viaggiare in Scandinavia e attraversare l’Olanda senza che nulla gli venga contestato e poi arrivare in Germania e finire in manette?

I richiami alla pace e alla calma arrivano da tutte le parti politiche che sostengono l’indipendenza catalana, gli stessi incarcerati, dai loro account Twitter gestiti dai legali o dai collaboratori invitano la popolazione a non lasciarsi trascinare in atti di violenza ma un fuoco già cova nelle fila dei separatisti e l’arresto di Puigdemont potrebbe essere la benzina che lo farà divampare. Se il popolo catalano riuscisse ad ottenere l’indipendenza senza nessuno spargimento di sangue, senza nessun atto di violenza, sarebbe la prima volta nella storia dell’umanità; sarebbe la dimostrazione di un avanzatissimo civismo che io però oggi non scorgo, nel mondo che mi circonda. Temo che per i catalani si prospetti un periodo cupo.