Il primo passo a portare dall’uccisione al martirio e dal martirio alla santità è, senza dubbio, il giubilo degli assassini. Il “ più grande assassino della storia “ ( Osama Bin Laden ) , per usare le parole del presidente Perez ( che per inciso essendo presidente dello stato di Israele, pensavo definisse tale un’altra figura storica, in più proprio nel giorno della commemorazione della Shoa ), ha trovato la morte e l’ha trovata, nemesi, violenta.
Non sono né cattolico né tanto meno mi riconosco o credo in un essere al quale dover rendere conto della mia condotta, un giorno; ma ancora credo, fermamente, nell’uomo, nella sua capacità raziocinante di poter gestire le proprie pulsioni, le proprie passioni, vincolandole su di un sentiero che sia, il più possibile, giusto, non solo per se stesso.
L’occidente ( noi ) crede di non essere più oramai fabbricatore d’odio ma non fabbricare odio non significa solo non covarlo, non farlo crescere dentro noi stessi, significa anche non assumere atteggiamenti che suscitino la nascita di tale sentimento, mai buono, negli altri; un po’ come il fare del bene, che non si limita al non perpetrare atteggiamenti che procurino il male bensì si risolve nel battersi strenuamente per il bene, dalla sua parte. Un criminale, per quanto i suoi crimini siano efferati, per quanto si cerchi di additarlo come mostro, come animale, rimane comunque e sempre un uomo ed un uomo che commette crimini dovrebbe sempre essere giudicato da un tribunale, che lo punisca con la giusta pena sì, ma che mai dovrebbe essere la morte.
Posso comprendere le dimostrazioni di giubilo, di un popolo che tanto ha sofferto per via di un uomo, alla morte di questo ma non posso proprio accettarle, tanto meno condividerle; vorrei inoltre riportare la memoria sullo sdegno e la riprovazione con cui accogliemmo, all’indomani dell’undici settembre 2001, il giubilo che il morto odierno espresse, per la riuscita della sua diabolica operazione.
Si dice: il popolo ha sempre ragione, ne abbiamo avuta la riprova scrutando le rivolte che hanno mosso e muovono i paesi arabi, destinate a lasciare un lungo strascico di movimenti intestini che difficilmente saranno codificabili, agli occhi di noi occidentali. La domanda che dobbiamo ora porci è: come si combineranno la morte del capo “ spirituale “ della guerra santa contro l’occidente, con la caduta dei più longevi despoti del medioriente? Le risposte a questa domanda sono molteplici e posso spaventare, comunque non tarderanno ad arrivare, in un territorio mediorientale sempre in bilico tra voglia di occidente e integralismo religioso il rischio è che la lettura del Corano più estremista l’abbia vinta sulla televisione ed i fast-food.
Per questo motivo si dovrebbe cercare di evitare situazioni quali la possibile scelta di disperdere il corpo dello sceicco in mare aperto, gravissimo affronto, non solo per gli estremisti ma per tutta la comunità di religione mussulmana.
La vera vittoria del terrorismo è portare i popoli gli uni contro gli altri, instillare nella mente il terrore per il proprio vicino; se ci lasciamo prendere dal panico o se esultiamo per un assassinio allora possiamo esser certi di non stare facendo del bene, proprio a nessuno.