Patrick Passuello – Angelomakìa

Angeli, combattenti che precipitano per poi risalire, che si muovono nell’ambivalenza così umana del cadere e del rialzarsi. Vibra forte la dicotomia eterno-effimero nelle opere di Patrick. L’eterno dell’idea angelica, del gesto artistico misurato e l’effimero dell’encausto, della cera stesa a strati, sciolta e risolidificata dal tempo, suscettibile alle fonti di calore, facilmente annientabile. I quadri di Passuello si formano a strati appunto, come la terra e come l’uomo, ogni superficie più vecchia fa da base a quella più nuova, mantenendo un’importanza egualitaria, lavorando per il raggiungimento di un tutto armonico e significante. Angeli che combattono, angeli che vincono e angeli che perdono. Il più famoso, il più bello e perfetto ( Lucifero, il portatore di luce ) caduto per sempre e strappato al cielo per vanità, per mancata riconoscenza, ci deve far pensare che, anche in una condizione perfetta come la supposta condizione angelica esistono lati negativi, esistono scontri uguali o peggiori dello scontro del nostro mondo. C’è comunque una tranquillità sottile che traspare dalle opere concitate dell’artista, il reticolato onnipresente, la struttura rigida e perfetta che sta dietro alle cose, che talvolta, per troppo rumore, per troppo movimento si perde di vista. Lo scontro esiste, lo si può toccare, se ne può essere sopraffatti ma vive e si muove anch’esso, come tutto il resto, su una base solida e precisa, avulsa da imperfezioni di sorta. La battaglia, sia essa d’animo o di braccia, è sempre preceduta dalla pace e seguita dalla quiete.

Tino Aime

Si è inaugurata, alla presenza delle autorità regionali e di un folto pubblico, la mostra antologica dedicata al pittore, scultore, incisore, Tino Aime. L’artista, nato a Cuneo e adottato dalla Valle di Susa, è maestro sapiente dei toni dell’ocra, del bianco e del nero, chirurgo precisissimo con il bulino, probabilmente uno dei più grandi incisori figurativi viventi oggi in Italia. Bellissime le sue finestre, antiche, curate e affacciate sempre su paesi di campagna assonnati, innevati, candidamente distesi. Paesaggi spesso rotti dalla forza accecante del rosso gratacul, che nei paesaggi invernali delle mie montagne mi riporta alla mente le escursioni con mio nonno. La finestra è un’allegoria, un tema, spesso utilizzato nell’arte, mi viene in mente così di primo acchito Madame Bovary, alla quale Flaubert fa prendere le decisioni più importanti proprio alla finestra di casa. La finestra per la povera Bovary è un luogo di inquietudine, la finestra di Aime è un luogo quasi onirico. Paesaggio irraggiungibile che pure c’è e si vede.

Passeggiata

La montagna è un universo a sé, come tanti ce ne sono su questo piccolo pianeta che chiamiamo casa.  La montagna è sorprendente. Ti coglie impreparato, dietro ad un tornante qualsiasi, con una nuova, incantevole becca che, come una mina vagante, ti esplode negli occhi e ti da un sentimento ristoratore, una novità che porta pace e felicità. Perché non è che ogni mina vagante sia un pericolo. I colossi di pietra e ghiaccio hanno visto e vedranno genti a fiumi perché, sebbene sperdute nell’altezza delle valli, sono fisse, radicate nelle ere. I ghiacciai ed i nevai sono il loro trucco, i ruscelli il loro canto. La montagna sa essere patria di chiunque la raggiunga, di chiunque sappia ammirarla.

Il filmato e le foto sono stati carpiti con Nikon D800 e Nikkor 14-24 f2.8

Un retour au pays des rêves…

Si è aperta venerdì 1° giugno in quel di Presezzo, l’esposizione ” un retour au pays des rêves “, opera dello scultore valdostano di Fénis Luciano Regazzoni. Vi propongo le foto delle opere esposte e dell’inaugurazione. La mostra sarà visibile fino al 1° luglio presso il palazzo Furietti – Carrara, in via Vittorio Veneto 1295 a Presezzo appunto, pochi chilometri da Bergamo

Guggenheim Museoa Bilbao

Che dire, al museo Guggenheim tutto ti sembra arte: basti pensare che la foto qui sopra potrebbe tranquillamente essere un Gerhard Richter del periodo delle campionature di colore e invece son le piastrelle dei bagni! Edificio mitico ed imponente, probabilmente una delle nuove meraviglie del mondo, impossibile da realizzare, fatto di calcestruzzo, titanio, acciaio e vetro, vero simbolo della creatività moderna e totalizzante. La collezione è quel che è, non è molto ricca anche se qualche bel pezzo lo potete vedere sebbene esposto senza molto criterio ( nella stessa stanza, uno di fianco all’altro, trovate Jannis Kunellis, mito dell’arte povera italiana, anche se greco, e Anselm Kiefer potente pittore della storia che ai grandi artisti piace poco ). Una bella mostra di David Hockney purtroppo in allestimento, e un’altra realizzata con parte delle collezioni de La Caixa, banca catalana e del MACBA Museu d’Art Contemporani de Bacelona con nomi quali Tapies, Barcelò, Ernesto Neto, Damiaàn Ortega ed altri meno conosciuti. In ogni caso, collezione o no, la visita è d’obbligo per ammirare le meraviglie architettoniche che ogni superficie del Guggenheim sa regalare, i controcampi azzeccatissimi di materiali e prospettive, le pendenze delle pareti inusuali, le passerelle, gli ascensori di vetro, tutto è un’esperienza unica. Come unica è l’esperienza di affrontare l’installazione permanente The Matter of Time ( Una questione di tempo ) di Richard Serra. L’avevo già vista in internet e su varie riviste specializzate e avevo pensato: che cagata pazzesca… ma come tutte le cose, anche l’arte non può esser giudicata se non ci stai fisicamente davanti, anzi in questo caso, dentro. Trattasi di immense costruzioni, ellittiche, a spirale o lineari, in acciaio pesantissimo dentro le quali ci si può e ci si deve addentrare, con la stessa cautela di chi cammini sulle uova. Si scoprirà al loro interno un universo parallelo di echi surreali e pareti che paiono inseguirti o allontanarsi da te, lasciandoti alla fine un senso di mal di mare e la consapevolezza di essere un privilegiato nell’aver provato sensazioni così uniche.

Sant’Orso 35mm B&W

Dopo La fiera, prima della fiera, è il momento della fiera vera e propria. Qualche scatto con la vecchia Nikon F Photomic + Kodak 400TX. Il fascino della pellicola, il fatto di mandarla avanti e poi riavvolgerla, il fatto di poter, nell’era digitale, ancora toccare con le dita, di poter sporcare una fotografia rende questo mezzo di espressione ( arcaico sì ma mai desueto ) un vero piacere intellettuale.

Nikon F Photomic+50mm f 1.8+Kodak 400TX