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Tutto quello che si mette in bocca, si manda giù e in qualche modo nutre!
Il segreto della cucina confit sta nella doppia cottura della carne: la prima a freddo effettuata dal sale durante la marinatura con cipolle, aglio, prezzemolo, rosmarino e dragoncello; la seconda, che potremmo chiamare cottura a media temperatura, avviene in forno a circa 85 gradi, in un bagno di grasso d’oca. Il risultato è una carne tenerissima ma compatta che sprigiona i gusti, succhiati durante la marinatura di una notte, ad ogni morso.
Un nuovo esperimento, riuscito. Mischiare ingredienti di mare e di montagna è prassi ormai consolidata nella cucina occidentale. Lo spaghetto scolato al dente viene fatto rinvenire in padella con olio e bottarga di muggine resa croccante dalla cottura. Nel piatto stendo col pennello un gel di porcini ricavato dalla bollitura in acqua di 60 gr di porcini secchi, tolti dal liquido, che ho poi addensato con un mezzo cucchiaino di fecola di patate. Sopra il profumo di porcini ho adagiato la crema di topinambur e finocchio, ricavata dalla bollitura dei due ingredienti su un soffritto di cipolla, e sopra di questa un nido di spaghetti. Bottarga croccante e una grattugiata di bottarga fresca. Tutt’intorno ho adagiato del caviale di acciughe ottenuto facendo sciogliere 25 gr. di acciughe, asciugate bene dall’olio, in 120 gr. di acqua; ho frullato il tutto e passato il liquido attraverso un setaccio fine. Ho poi inglobato al liquido stesso 1 gr. di algina. Ho sciolto in 130 gr. di acqua fredda 4 gr. di cloruro di calcio e nel liquido ottenuto ho fatto colare, goccia a goccia, il composto di acciughe ottenendo così delle piccole sfere simili al caviale. ( La sferificazione funziona e apre nuove ed infinite strade creative! )
Imperdibile appuntamento annuale al quale, per tradizione, mi reco da più di una decade. Preludio minuto e più umano della sempre meno vivibile Saint Ours di Aosta, la fiera di Donnas è cresciuta migliorandosi di anno in anno. La qualità delle opere esposte ha raggiunto un livello medio tale da far si che quasi non si veda più certa paccottiglia che, solo qualche anno fa, riempiva banchetti che sarebbe certo stato meglio saturare di bottiglie, formaggi e mocette. Il clima della fiera è sempre di festa e spensieratezza, anche in questi bui momenti di crisi… Si spendono due parole con gli artisti, si contrattano i prezzi e si sceglie con perizia la scultura o l’intaglio che possano stare meglio nell’angolo sguarnito di casa. L’acquisto di un pezzo di legno si trasforma in ricordo felice e virtuoso di un istante trascorso in allegria. L’alchimia della fiera mi sorprende sempre. La fiera di Donnas vuol dire anche pausa pranzo alla locanda di Caterina e Silvia, nel centro a Hone. Giusto qui sopra un assaggio, ahimè solo visivo, delle leccornie gustate con grande piacere.
Lu baccalà pur’è pesce… Così recita un antico detto contadino, di quando soldi non ce n’erano e le triglie costavano troppo. Ed è vero, anche il baccalà è pesce, un pesce versatile e gustosissimo. Sopra lo vedete proposto in due versioni altrettanto deliziose: il baccalà mantecato, servito su di una crema di broccoli freschi e l’esqueixada, antico piatto della tradizione catalana, che sarebbe una sorta di insalata di baccalà crudo, stracciato a mano condito con olio e.v.o., una dadolata di pomodori, cipolla bianca e peperone ( che nel mio piatto si presentava in forma di crema fredda setacciata ) e guarnita con olive nere. Il tutto accompagnato da crostini di pane e cips di pelle si merluzzo.
Dedicato ai miei buoni amici Giulio e Christian, con i quali condivido ottimi ricordi a proposito di magret. Pietanza regina delle tavole francesi, piuttosto bistrattata nel bel paese tanto da risultare difficile da reperire, il magret ( ovvero il petto dell’anatra ) è, fuori d’ogni dubbio, uno dei miei tagli di carne prediletti. La salsa di scalogno, addolcita dal porto e resa brillante dal miele, conferisce ad ogni boccone un perché sensoriale inoppugnabile. Il brio è dato da quella leggera punta di piccante che la paprica regala al broccolo, cotto a vapore pochissimo tempo, così da risultare croccante. L’aria di coriandolo, con il suo aroma intenso ma delicatissimo crea la giusta cornice a questa vera e propria festa di gusti e profumi.
Un piatto invernale, un’eccellenza contadina che ho voluto rivisitare per far si che prendesse un po’ di brio. Il risultato lo vedete sopra: paccheri stracotti in brodo di zafferano e finocchietto, soffiati in olio bollente; crema di fagioli borlotti rinvenuti in soffritto profumato al timo; crostini al sentore d’aglio fanno da letto a cubetti di guanciale essiccato al forno. I fagioli mantenuti interi danno la consistenza, la pancetta asciugata del suo grasso, la croccantezza, i cavolfiori viola sbollentati in acqua e aceto, l’acidità. A coronare il tutto una fonduta magra e fredda di parmigiano reggiano colata direttamente nel pacchero. Da provare.
Certamente è il mio quarto ligure a far sì che il pesto mi riesca buono e, devo dire, che l’acquisto di un bel mortaio di marmo, questa estate, è stato decisamente azzeccato. Le bavettine al pesto con patate e fagiolini lessi, non chiedetemi il perchè, ma mi hanno sempre fatto pensare alle feste. Piatto antico e ricchissimo di gusto è semplice da fare e delizioso da gustare e per di più mette d’accordo anche i vegetariani! Con questa ricetta il vostro Lamericano vi augura un delizioso principio di 2012 e vi ringrazia dell’attenzione concessagli durante i dieci mesi trascorsi dall’apertura di questo blog che, nella sua seppur breve vita ha registrato più di 8.500 contatti.