La salsa mornay, mutuata dalla cucina francese, è una besciamelle con aggiunta di rossi d’uovo, panna liquida e parmigiano reggiano. Il risultato è una crema avvolgente, dal gusto delicato e leggermente speziato, per via della noce moscata. Una salsa perfetta che non copre i sapori del mollusco anzi ne esalta la consistenza della carne così piacevolmente fibrosa da sfaldarsi al solo contatto con la lingua.
Categoria: Food&Beverage
Tutto quello che si mette in bocca, si manda giù e in qualche modo nutre!
Le Roi
La Langa che ti accoglie col suo declinare tranquillo, trasmette la stessa sensazione d’una coperta adagiata sul divano ai primi freddi autunnali. Inizia il feuillage, tra le vigne rosso sangue ed i mandorleti giallo Arneis. La stagione giusta è questa, la stagione del re. La coda di macchine che si avvicina al centro di Alba si snoda lenta come la stagione in cui penetra. Non immaginavo certo un afflusso del genere. Non sembra proprio un paese in crisi, il bel paese. A pochi chilometri da qui ci sono città rinomate come Asti, La Morra, Barolo, Verduno, Barbaresco, Canelli. Posti mitici per via dei vini che vi si producono, vini pregiati, vini che arredano le cantine di tutto il mondo meglio di qualsiasi suppellettile Luis XVI.
Le vie del borgo d’Alba son strette e colme d’umanità, spesso si aprono su piazze zeppe di avventori seduti a consumare porchetta, salsicce, polenta e altre leccornie. La festa è gradevole e coinvolgente anche se un poco scontata per via del tema medievale. Ma io sono qui per un solo ed unico scopo, acquistare sua maestà oro bianco: la trifola d’Alba. Il palazzo dove si tiene l’ottantunesima fiera internazionale del tartufo merita i due euro d’ingresso, di gran lunga meno del prezzo richiesto a Gardaland, per entrare nel luna park dei buongustai. E la giornata vola via tra un bicchiere, un profumo ed un panino. A voi le foto, a me le pepite!
Millefoglie di lamponi, fragole e basilico
Devo proprio ammetterlo, l’acquisto di un sifone da cucina ( che sarebbe una sorta di sifone per il selz ma con beccucci più grandi e decorativi ) è stata una svolta nella mia cucina. Lavorare mousses, sia a caldo che a freddo, montandole in pochi istanti ed alla perfezione, è assolutamente soddisfacente. Il dolce è un classico, con l’aggiunta di un poco di basilico ( le ultime bellissime puntine del vaso sul balcone ) per dare quella punta di freschezza in più, che non guasta mai… Come connubio perfetto, la decorazione è fatta di frutti di bosco congelati, da far croccare in bocca avvolti dalla mousse.
P.S. Domani fiera del tartufo ad Alba, new post coming soon
Rotondità di foie gras al torcione con gelatina di mandarino
Korpilombolo
Esattamente a cavallo tra il borgo antico e la zona più moderna e residenziale di L’Escala, Catalunya, in Camì Ample al numero 40 si trova una felice sorpresa per le vostre papille gustative: il ristorante Korpilombolo, nome del paese svedese che ha dato i natali alla proprietaria nonché direttrice di sala Anette, moglie del cuoco Pau. Entrando nel ristorante si ha subito la sensazione di trovarsi in un locale di professionisti; la sala molto spaziosa ha in realtà poco più di trentacinque posti a sedere; questo fa si che i tavoli risultino ben distanziati l’uno dall’altro, cosa che ho sempre molto apprezzato. Bella la posateria, le porcellane ed i bicchieri, migliore il menù. Seduti al tavolo si notano subito le quattro ampolline, riempite di altrettante tipologie di oli d’oliva extra vergini, da degustare su pane tostato, consegnato prontamente al tavolo, con tre tipi di sale: passatempo divino. Ottimi il polipo al profumo di tartufo, il crudo di gamberoni, lo spiedino di pesce e l’insalata con capesante e riccioli di foie gras; assolutamente da provare il tonno rosso, bandiera indiscussa del locale, servito in tartare o scottato alla piastra e rigorosamente del luogo: tonno di palangaro, ovvero quell’antichissima tecnica di pesca, che in Italia chiamiamo anche catalana per via della sua provenienza, che consiste nell’immergere in acqua una fune alla quale vengono appesi centinaia di ami che fluttuano in mare aperto ad una profondità che non raggiunge mai il fondo. Dessert magistrale il gelato in salsa alla vaniglia con scaglie di liquirizia salta. Cantina ben fornita di vini locali, compresi piccoli produttori da scoprire. Se vi capita di passare da quelle parti è da provare. Dimenticavo: ottimo il rapporto qualità-conto.
Poulet Roti
Senz’ombra di dubbio alcuno, la più antica forma di cucina utilizzata dall’uomo: del fuoco e della carne. La semplicità assoluta, quella apprezzata dai re di tutte le epoche, il pollo arrosto, che sulla tavola di Luis XVI veniva servito à la volée ovvero fatto a pezzi da un cameriere esperto che lasciava cadere nel piatto, dall’alto, il pezzo del pollo richiesto dal commensale. La stessa tavola che veniva imbandita da cuochi esperti che, dopo varie decapitazioni e la conseguente perdita dell’impiego a corte, subirono una fortunata diaspora culinaria che li portò ad impossessarsi delle sudice locande plebee per farne dei Restaurant indirizzati alla nuova, ricca e intelligente borghesia gourmet, inventando così il concetto di cucina moderna. Nella cottura arrosto la fanno da padrona: il tempo, gli odori dell’orto, i grassi nobili della bestia elevata a pasto e, fuori di dubbio, la materia prima, nel caso specifico il pollo: ruspante, nutrito a cereali e di quasi quattro chili. Dalle otto alle tredici, una cassa di legno di ciliegio, un girarrosto ( elettrico per carità, siamo contro la schiavitù ) ed il risultato è visibile sopra queste poche righe. Abbinato al polletto un Refosco dal peduncolo rosso, colli orientali del Friuli, ben strutturato con la giusta barrique. Una sola parola resta da dire: acquolina.
M’ama, non m’ama… MaMa, MaMa, MaMa
Eccolo. Il Ristorante dove anche ciò che resta nel piatto, dopo mangiato, è opera d’arte. Il MaMa, acronimo di MarcoMaurizio, nome dei due giovani proprietari che, giusto un anno fa, hanno deciso ( e di questo li ringrazio personalmente ) di avventurarsi in un’esperienza credo esaltante tanto per loro quanto per le mie papille gustative, è un ristorante di cucina prettamente orientale: pesce crudo affidabilissimo, riso lavato e cotto alla perfezione, salse, intingoli e ricette segrete di maestri sushi giapponesi trapiantati negli States. Ingresso accogliente, carta da parati che sembra la macro di un dettaglio del Gabinetto delle lacche cinesi del magnifico Juvarra; parquet inchiodato e sonante in terra, lavabo spazioso e ben illuminato e mise en place all’occidentale che strizza l’occhio al sol levante. Ma l’unica cosa che conta qui, una volta messe le gambe sotto il tavolo, è il Gusto. Particolare, complesso, da scomporre, da conservare in bocca a lungo ed altrettanto a lungo elaborare con la mente; per questo consiglio due pezzi almeno d’ogni singola pietanza: uno per l’appetito e l’altro per il piacere. Non ve ne pentirete.
Tartare di filetto battuta a coltello, vinegrette di Moutarde de Dijon alla salsa di soia
Può sembrare ovvio, la tartare fatta col filetto è un’altra cosa. Così non è. I bovini sono costituiti da innumerevoli parti e alcune di queste si prestano ad esser mangiate triturate, crude ( ricordo ancora piacevolissimamente un centrale di bue battuto a coltello, il pranzo di Natale di qualche anno addietro ). No, un’altra cosa è battere la carne a coltello. Questo procedimento, lungo quanto fantastico nel risultato, è immensamente migliore dell’utilizzo del tritacarne. Elimina fondamentalmente, quella spiacevole sensazione di ovattamento tattile del palato. Io la mia tartare la condisco con: scalogno, cipollotto, cetriolini sott’aceto, prezzemolo, il tutto finamente tritato; un filo d’olio evo e sale grezzo della Camargue.
La vinegrette invece è composta da: un tuorlo d’uovo, senape di Digione del tipo Fine et Forte, olio evo e salsa di soia biologica ( attenzione, non ho scelto la soia bio perché bio ma per il suo gusto meno pungente e leggermente più sciocco ). Emulsionate tutti gli ingredienti per qualche minuto, finchè non saranno più visibili frammenti di senape e servitela, come tutte le salse, sempre a parte.
La faraona in salmì
Piattoforte del pranzo di compleanno del saggio capofamiglia, la faraona così cucinata è ricetta contadina tanto antica quanto semplice. Smembrare l’uccello ed affogarlo un giorno e una notte in vino bianco ( non vi fidate mai di chi vi dice che per cucinare va bbbene pure el vin en cartun, non è vero: pietanza prelibata vuole buon vino, da bere con lei e da bere lei ) io ho usato dell’ottimo Est Est Est, vino di cui consiglio di ricercare la storia. La marinatura va eseguita congiuntamente a carote, sedano, cipolla bianca, alloro, timo, rosmarino, chiodi di garofano e bacche di ginepro. A faraona completamente ubriaca toglietela dal vino, infarinatela e fatela incroccantire da tutti i lati in quella prelibata delizia che nasce dalla panna bovina e prende il nome di burro, io ho usato il demi-sel d’Isigny. Dopo di che trasferite il vino, le verdure ed i gusti nella pentola e fate cuocere il tutto ad andamento lento per una quarantina di minuti ( il tempo è ahimè calcolato su un uccello che mai ruspò ). Cotto il tutto spostate la carne in una ciotola e con la forchetta schiacciate le verdure fino a creare una crema che, assaggiandola, vi farà complimentare con voi stessi. Aggiustate, se necessario, di sale e pepe il sugo ed incorporatevi nuovamente il volatile. Servite caldo vicino a due patatine forno e timo. Dimenticavo, se l’avete, decapitate un Guado al Tasso, sarà il giusto compagno di avventura.
Polpo affogato in spirito rosso con asparagi e noci
Polpo da 500 gr. circa
Asparagi una ventina
Vino rosso
Alloro, cipollotti, rosmarino, timo, noci, salsa di soia
Questa sera mi son cimentato col polpo, bestia tentacoluta, viscida e buonissima. L’ho fatto così: ho messo a bollire una pentola d’acqua salata dove ho fatto sbollentare gli asparagi mondati in precedenza e tagliati in metà, per una decina di minuti, dopo di che nella medesima acqua ho cotto la bestia per una ventina di minuti aggiungendo due foglie di alloro, un rametto di rosmarino e uno di timo. Mentre il polpo cuoce ho tagliato tre cipollotti finemente, li ho soffritti con olio e.v.o. e una noce di burro salato, poi ho trasferito i gusti che stavano bollendo col polpo nel soffritto ed ho sfumato lo stesso con poca salsa di soia. Una volta cotto il polpo l’ho tagliato a pezzettini, l’ho aggiunto al soffritto facendolo insaporire qualche minuto quindi l’ho ricoperto con il vino. Dopo trenta minuti di cottura a fuoco lento, ho aggiunto gli asparagi ( tenendo da parte otto punte per la guarnizione ), le noci ed ho lasciato cuocere altri venti minuti.
Pronto il piatto l’ho guarnito, ho stappato un Castillò de Perelada, Crianza e buon appetito!











































